Ma cos’è sta IDM? Riccardo Sada ci fa pensare e divertire, come sempre, su AD nel suo Sada Says.
Ritmi vertiginosi, effettistica ricercata, bassi overdrive e dissonanze al limite dell’assurdo. La intelligent dance music, conosciuta anche come IDM o braindance, è un genere musicale che si è sviluppato negli anni ’90 come un sottogenere dell’elettronica sperimentale. Ma cos’è sta IDM? Centra qualcosa l’EDM? No. È musica caratterizzata da una vasta gamma di stili e approcci musicali che spaziano dalla musica ambient alla techno, dal breakbeat alla musica concreta, dalla glitch alla musica classica contemporanea. Le sue origini sono da ritrovare nel Regno Unito alla fine degli anni Ottanta e all’inizio degli anni Novanta, con artisti e produttori come Aphex Twin, Autechre, The Black Dog, Squarepusher, Modeselektor, Apparat e quindi Moderat e altri che hanno contribuito alla sua definizione.
Ma cos’è sta IDM? Rullanti e rimshot asciutti che sembrano sigillati, groove di batteria che paiono figli di un errore continuo.
Spesso qui il suono è puramente analogico ma gestito totalmente in digitale, trattato dall’artista come fosse un giocattolo nuovo di zecca: rullanti e rimshot asciutti che sembrano sigillati, groove di batteria che paiono figli di un errore continuo. Questi pionieri hanno utilizzato nuove tecnologie e approcci creativi per creare composizioni musicali complesse e avanguardiste, spesso caratterizzate da ritmi intricati, suoni distorti e manipolazioni audio innovative. La IDM si caratterizza per la sua inclinazione verso la sperimentazione sonora, cercando di rompere le convenzioni musicali tradizionali. Gli artisti IDM spesso manipolano e destrutturano i suoni, utilizzando tecniche di editing digitale, campionamento e sintesi sonora per creare nuove timbriche e atmosfere.
Il genere è noto per i suoi ritmi complessi e intricati. Gli artisti spesso creano pattern ritmici intricati attraverso l’uso di sequencer, drum machine e programmazione dettagliata.
Questi ritmi possono essere veloci e frenetici o lenti e ipnotici, con cambiamenti ritmici imprevedibili che caratterizzano la musica IDM. Atmosfere evocative e ambientazioni sonore che crea sono caratterizzate da artisti in grado di trasportare l’ascoltatore in mondi sonori immaginari attraverso l’uso di suoni atmosferici, pads eterei e layer sonori stratificati. Abbracciando una vasta gamma di influenze musicali, la IDM e spesso incorpora elementi di altri generi come la techno, l’ambient, il jazz, la musica classica e altri stili musicali. Questa fusione di generi permette di esplorare nuove direzioni musicali e di rompere le barriere tra i generi tradizionali.
Considerato uno dei pionieri dell’IDM, Aphex Twin ha dato molto al comparto con i suoi album “Selected Ambient Works 85-92” e “Richard D. James Album”, considerati dei classici. Con una carriera che si estende per oltre due decenni, gli Autechre invece hanno sfidato i confini della musica elettronica con album come “Tri Repetae” e “LP5”. Con una loro fusione di IDM e suoni nostalgici, i Boards of Canada poi hanno raggiunto una vasta popolarità con album come “Music Has the Right to Children” e “Geogaddi”. Infine, un artista noto per la sua tecnica di basso virtuosistica e i suoi ritmi frenetici: Squarepusher. Che ha pubblicato album come “Hard Normal Daddy” e “Go Plastic”. Ma anche The Orb, Orbital, Carl Craig e Jeff Mills oltre che un nutrito gruppo di talenti del mainstream come Björk o dell’underground e pronti a entrare e uscire dai giochi.
Intanto, la IDM continua a evolversi e ad influenzare la musica contemporanea, con nuovi artisti che sperimentano con nuove tecnologie e approcci creativi.
Questo genere musicale offre un’esperienza sonora unica e stimolante, che invita l’ascoltatore a immergersi in un mondo di suoni innovativi e futuristici. Il termine è apparso per la prima volta in una mailing list online di Hyperreal nel lontano 1993, coniato dai fan di una nuova ondata di musica elettronica che stava cambiando le regole del gioco. L’epicentro artistico del genere si è registrato nel Regno Unito, come testimoniato dal movimento messo in piedi dall’etichetta Warp Records di Sheffield, che inconsapevolmente divenne un vero e proprio fulcro per tutto.
Si è cominciato con la storica compilation “Artificial Intelligence” la cui copertina ritraeva un robot seduto su una poltrona che ascoltava i vinili dei Pink Floyd e dei Kraftwerk. Con la frase “musica elettronica da ascoltare”, la pubblicazione fu lanciata in orbita sollevando interrogativi esistenziali per la comunità degli appassionati di musica dance. Il termine IDM riassume la controversia del genere, che è ancora oggi aperta al dibattito: la parola “intelligente” tenta di fornire un quadro di riferimento per un genere cerebrale, così fortemente connesso alla tecnologia e dedicato alla computer music e svincolato dalle dinamiche commerciali della distante dance pop.
Il genere ha intensificato e contrastato i sintomi storici apparsi nella musica del secolo precedente ed è stata considerata anche una techno dal carattere “artistico” perché inconsciamente adatta ai concettualismi degli anni Venti, Trenta e Quaranta.
Il compositore tedesco Robert Schumann ha più volte sottolineato che la musica sembra voglia tornare ancora una volta alle sue origini, quando non era ancora oppressa dalle leggi del rigore della misura e si ergeva orgogliosamente indipendente al discorso libero da ogni costrizione.
Con l’ascesa della musica techno e house negli anni Novanta, la IDM ha iniziato a ridisegnare le linee del genere della musica da ballo esattamente come il romanticismo tedesco aveva rivoluzionato la musica classica. Al di là di ogni formalismo, la musica rappresenta se stessa e nient’altro, fosse attraverso un’orchestra o un synth, fosse metafisica o concreta. IDM inclusa. Molti artisti hanno così reinventavato spazi come la musica intima inserendo campioni (soprattutto registrazioni live) al centro di una canzone in un modo da rievocare un revival fantascientifico anni Settanta.
Da un lato nell’IDM c’è spesso il rischio di volersi spingere troppo in là e di liquidarne l’evoluzione come l’ennesima e mera scoperta dovuta alla tecnologia…
Dall’altro, c’è il rischio di sembrare i pazzi mentori di un concetto di musica strumentale impossibile da realizzare. Non c’è comunque mai un copione o uno schema: è solo una questione di ritmo e un esercizio di stile. L’intero movimento inizialmente era una specie di scatola dalla mentalità aperta, qualcosa che potesse attraversare i tempi e svincolarsi da tutti i tipi di musica elettronica. La sua parte intelligente forse è dovuta da un qualcosa, ossia la costante opportunità, secondo cui spesso durante la sperimentazione e la scrittura si possa andare oltre i beat in quattro quarti. Senza contare che molti artisti IDM cerchino costantemente sessioni che esaltino l’improvvisazione. Una specie di pensiero laterale applicato alla creazione che parte dal cervello, passa dai sistemi modulari e arriva dritto al cuore.
“La musica elettronica è più popolare che mai, oggi, e le sue tradizioni e frequenze ora si estendono in tutto il mondo, unendo persone di lingue e culture diverse”, dice Richie Hawtin.
“Per me, una delle parti più eccitanti della creazione con un sintetizzatore è il lato giocoso, ludico, sperimentale, che ispira e spinge l’immaginazione”. L’intenzione è quella di creare frequenze astratte o suoni ispirati alla vita reale, il percorso che si intraprende è personale e spesso sorprendente. È all’interno di queste indagini che la bellezza della sintesi prende davvero vita e che spesso sblocca un nuovo senso di scopo creativo. Un viaggio di scoperta è ciò che originariamente trascina gli artisti nel profondo dell’elettronica. È parte del fascino che si prova quando si lavora in studio o ci si esibisce sul palco. L’IDM porta a uno sbocco giusto e fa transitare la creatività. Porta a una strada.