22/09/2013
Per chi ancora non lo sapesse, Marco Trani se n’è andato.
Già da una decina d’anni se non di più, il suo nome era uscito da quelli di cui tutti parlano. Di serate importanti, purtroppo, ne faceva poche. Queste sono le regole dello splendido show business.
Finché sei il top sei amico di tutti, poi nessuno ti cerca più, anzi tutti ti danno un sacco di fregature se possono… poi te ne vai e diventi un Maestro. Per Trani, quest’aggettivo sembra proprio giusto, perché la sua tecnica e la sua selezione musicale hanno fatto storia.
Anzi, oggi, fanno storia. Ieri assolutamente no. Ieri, quando un bel dj set di Trani al Cocoricò avrebbe fatto storia e pure fatto divertire un po’ tutti (magari nella serata Memorabilia?) oppure al Pineta di Milano Marittima, oppure in una spiaggia tipo Samsara o Lido Zen oppure in una piazza… Nessuno manco ci pensava.
Perché il settore del clubbing italiano vive di parrocchie, parrocchiette, parrucche e parrucconi. E soprattutto del tutti contro tutti tra dj e dj, tra locali e locali, tra dj e locali (etc).
Marco Trani ha fatto la storia, per chi come me non l’ha conosciuto, oltre che per la sua storia musicale, per il fatto che una volta disse o scrisse qualcosa tipo: “sono il più bravo di tutti”. E da allora non lavorò più.
Lo show business, soprattutto quello di serie b & c come quello italiano, ha le sue sporche e stupide regolette in cui il talento conta poco.
Ed i grandi protagonisti della scena? Sono tutti uniti solo nel non fare la storia e soprattutto nel non raccontarla bene, perché se lo facessimo tutti il nostro sporco lavoro, allora forse tante ‘star’ sarebbero solo buoni dj.
Adesso Marco Trani di queste queste bazzecole se ne frega altamente, se ne sta senz’altro a chiacchierare con Mozart a chiacchierare di certi passaggi mai chiari a noi persone normali. Quelli come lui ricordiamoceli quand’erano belli e coi capelli lunghi (negli ’80 ce li avevo anche io) e soprattutto, ricordiamoceli.
10/01/2021
Quasi 10 anni dopo, ripubblico nel nuovo sito AllaDiscoteca questo articolo su Marco Trani, uno dei meno cretini che ho scritto in tanti anni sul mio blog.
Lo scrissi perché, nonostante nel 2013 lavorassi da più di 10 anni con dj e affini, nessuno mi aveva mai parlato di Marco Trani, se non per ricordarmi, dopo la sua morte forse, l’atteggiamento un po’ spaccone, che in chi è bravo va semplicemente tollerato. Ogni dj, adesso lo capisco meglio, parla sempre quasi solo di sé. Per questo annoia mortalmente. Anche i più bravi lo fanno.
Dal 2000 vivo a Brescia, dove ho lavorato alla Media Records, alla Time Records, per tanti locali in mezzo a mille dj… manco un ricordo su Trani o altri maestri. Perché, e oggi lo so ancora meglio, ogni top dj e ogni dj non top (ovvero agli inizi o di poco successo), è una stella separata dalle altre.
Il top dj o il dj in senso lato fa parte di nessun sistema. Quando poi muore un dj specializzato ormai in revival come Riccardo Cioni, ecco che diventa subito un simbolo, un maestro, un’ispirazione. Anche quando non lo era, perché tanto non può dare più fastidio.
Un attimo prima non lo era, un attimo prima nessuno se lo filava, perché la sua “In America” era superata e basta. Tutta la scena italiota aveva fatto di tutto per dimenticarla, a livello artistico e musicale (e i pessimi risultati internazionali lo dicono).
Io di Riccardo Cioni, che non ho mai conosciuto bene, ricordo solo una cosa: negli anni ’80, da ragazzino, facevo servizio al bar del Circolo Ricreativo e Culturale Antella, sotto il mitico Disco Antella, dove Cioni spesso suonava la domenica pomeriggio. Cioni prima di suonare faceva PR nel modo più vero del termine: offriva ogni domenica il caffè a decine di persone e chiacchierava con tutti. Una lezione che quasi nessuno dei dj che ho conosciuto poi ha imparato. Forse negli anni ’70 e ’80 la ‘scena’ era diversa, meno competitiva. O forse Cioni era diverso.
Un attimo dopo, quando un top dj o un ex top dj (ma anche un pittore, etc) se ne va, sui media (specializzati nel ricordare ciò che non c’è più e mai ciò che c’è ancora e ciò che ci sarà domani) e sui social, ecco l’icona. A volte il gossip (vedi la tragedia accaduta nella famiglia di Joseph Capriati), quasi sempre cose inutili o dannose. Prima, il nulla.
E soprattutto: cosa ha fatto, recentemente, il clubbing internazionale come sistema, per un’altra tragedia, quella di Sama’ Abdullhadi incarcerata per aver suonato techno in Palestina? Non in una moschea, ma in un complesso in cui c’è anche un hotel, un bazaar (etc)?
Pochissimo. Se non era per media e tanti fan / persone normali che hanno firmato su Change.org forse Sama’ era ancora in galera. Perché i dj sono sempre, anche oggi, uno lontano dall’altro. Anzi, uno contro l’altro armati.
I top dj, piccole star spesso incapaci, i loro social li usano più che altro per fare marketing e raccontare le loro amenità. Manco in caso di tragedie che li riguardano da vicino (Sama’ Abdhulladi) si mettono in gioco davvero, sai mai che nel 2022 ci scappa una serata in Palestina e con un post “scomodo” perdono soldi. Le popstar e le rockstar invece osano e per questo sono star. I dj no. Sono piccoli.
Fateci caso, se volete: qualcuno tra i top dj internazionali ha pubblicato post di supporto a Joseph Capriati, loro collega vittima di una tragedia familiare (accoltellato dal padre, sembra sia per fortuna fuori pericolo). Ma moltissimi colleghi, la maggioranza direi, non hanno sentito la necessità, il bisogno di far sentire a Capriati la propria vicinanza anche in modo pubblico. A me sembra una reazione folle. Anzi una reazione che dice molto sulla solitudine dei top dj. Guadagneranno anche molto bene, ma non so quanto vivano bene.
Se le star della musica pop italiana (vedi Fedez, Manuel Agnelli, Vasco Rossi, etc) si sono messi a supportare la filiera dei tecnici della musica, a casa senza lavoro da quasi un anno con Scena Unita, i top dj mondiali si sono rinchiusi nella loro bolla di sponsor, soldi vari, streaming spesso con diversi soldini per loro (e non per i colleghi meno famosi, di cui ovviamente i “top dj” MAI si ricordano)
Alla filiera del clubbing, ai titolari dei locali e soprattutto a posteggiatori, ballerine, baristi (etc) non ci sta pensando nessuno, figuriamoci le (piccole) star del settore, impegnate a mantenere il proprio piccolo ed oggi del tutto inutile status. Come sempre. Teniamolo presente per il futuro. Io lo farò.
La situazione è questa. Ed è questa da sempre. In Italia più che altrove. Infatti la litigiosità della scena impedisce sempre o quasi la crescita collettiva (…). Non vederlo sarebbe da scemi o da inesperti. Saperlo serve a fare tante scelte, anche a livello personale. Ci sono piacevoli eccezioni, ma sono tali. L’andazzo generale è triste.
Siccome vivo in questo mondo di matti da oltre vent’anni avevo proprio voglia di scriverlo. Per me e per chi ha voglia di leggerselo.
(Lorenzo Tiezzi)
Riccardo cioni era diverso…su questo sono d’accordo….gli ci volevano 2 minuti per metterti a tuo agio….gran socializzatore, aperto a ogni tipo di tematica,ho avuto la fortuna di abitare a 300 metri da casa sua, lo vedevo caricare bauli enormi pieni di dischi, e partire alla volta delle svariate discoteche che lo reclamavano.
al suo seguito c’erano sempre i suoi 2 ballerini( amici prima che ballerini ) , che provavano e ripeovavano i passi di quel balletto che fu poi di ( in america )…. giovanissimi…con quella luce negli occhi del sogno che si avverava, arrivare ad esibirsi persino alla televisione….son piccole cose, ma i sogni non hanno grandezza .
probabilmente cioni come trani, hanno avuto gloria postuma….tutta meritata .
Scrivi cose molto belle. Grazie per averle condivise qui. Sulla gloria postuma, boh. Trani ne ha avuta dai colleghi solo quando se n’è andato perché prima era più bravo di quasi tutti…
Marco mi ha insegnato tanto, tutt’ora e’ sempre presente nella mia bio ovunque come “Il mio Marstro”.
Ecco, ci tenevo anch’io a ricordarlo qui.
Grazie dell’articolo, c’è ne fossero come lui ma è impossibile, era di un altro pianeta e sarà tornato li perché sulla terra non c’è posto per gli alieni!
Grazie per il tuo ricordo! Davvero!