Giornalista altamente sensibile
Riccardo Sada ci regala un’altro Sada Says. Molto autoreferenziale, ma in modo dichiarato e chiaro, quindi originale. Come sempre.
Secondo una ricerca, sono come il 33 per cento delle persone nel mondo: con i nervi sempre a fior di pelle e quindi, faccio parte di una precisa categoria. È che non sono solo una persona molto sensibile: sono un giornalista altamente sensibile. È un problema convivere da oltre mezzo secolo con questo carattere, fatemelo dire. Una persona come me tende a essere più sensibile non solo dei propri genitori, dei propri fratelli o sorelle (sono figlio unico, fortunatamente) o dei propri figli: sono più sensibile dei miei colleghi. Quando guardo un film piango e quando ascolto una canzone sorrido. Quando scrivo un articolo e lo rileggo, piango. Rido solo a crepapelle se ascolto della trap. Non ci sono vie di mezzo, si tratta di passione estrema e vera, fin troppo sincera.
Un po’ di critica provoca ai giornalisti altamente sensibili un vero dolore. Spesso sono empatici. Ne conosco tanti. Ci sono quelli altezzosi che pensano di essere in odore di Pulitzer solo perché sono anziani.
Ci sono quelli che ti squadrano mentre li hai sgamati a mettersi in tasca una tartina all’ennesima conferenza stampa. Ci sono quelli che passano il tempo a fare le pulci agli altri non accorgendosi che il lavoro è pessimo. Poi ci sono io, che mi faccio i fatti miei, ma che metto tutto violentemente sul personale.
La verità è questa: che alcune persone sono più sensibili di altre. Non sono solo sensibili alle emozioni, ma anche all’energia, al suono, alla luce e ad altri stimoli fisici. Questi individui sono indicati come persone altamente sensibili o HSP in breve. Conierei il termine giornalista altamente sensibile o HSJ. Ecco l’highly sensitive journalist.
Secondo una ricerca di Elaine Aaron, guru sull’argomento, si stima che il 15-20% della popolazione rientri nell’ombrello considerato “persona altamente sensibile”. Il mio amico Stefano dice di non fare caso a queste cose e che è sempre meglio stare alla larga dalle categorie.
Ma io adoro le etichette di ogni genere, quelle discografiche, quelle di vini, quelle che stanno sui secchielli di vernice, figuriamoci quelle che definiscono e relegano in un recinto l’essere umano. Il cervello delle persone altamente sensibili funziona in modo diverso rispetto agli altri. Essenzialmente, elaborano le informazioni e riflettono su di esse più profondamente e sono profondamente consapevoli delle sottigliezze nel loro ambiente. Questa elaborazione più profonda li rende più inclini a essere sovrastimolati dal loro ambiente. Quindi, il giornalista altamente sensibile vive e lavora in un mondo che lo stimola regolarmente.
Positivo o negativo, il giornalista altamente sensibile prova emozioni intense, reagisce con forza a esse e piange facilmente.
Custode naturale della giustizia, il giornalista altamente sensibile cerca di offrire conforto, supporto e aiuto a coloro che sono in difficoltà. Spesso, il giornalista altamente sensibile trascorre ore, giorni e talvolta anche settimane rimuginando e ossessionandosi sul più piccolo commento o critica percepita sul suo operato. Ha sempre saputo, o gli è stato fatto notare, che era col suo pezzo in qualche modo diverso da tutti gli altri.
Pensare troppo e preoccuparsi è comune per e con i giornalisti altamente sensibili. Dice di essere a suo agio ma spesso il giornalista altamente sensibile evita i grandi raduni ed eventi affollati. Ecco, io sono così, prendere o lasciare. Cosa c’entra tutto questo con la musica? Nulla. Ma basta cambiare da giornalista altamente sensibile a musicista altamente sensibile e il gioco è fatto.
Riccardo Sada x AllaDisco