Haters nella musica, se li conosci li eviti. Se li conosci non ti danno così fastidio…
Il nostro Riccardo Sada in Sada Says si scatena contro questo “splendido” fenomeno. E lo analizza. Lo sviscera. Che dire ancora? Leggiamo con attenzione. E con poco odio, che è sempre inutile e cretino.
Essere degli haters e appartenere alla categoria di quelli che, un giorno come un altro, vanno a rompere i co***oni a qualsiasi in Rete, non deve essere bellissimo. A meno che non si sia incoscienti.
Quando non sei cosciente di quello che fai, fai di tutto e lo fai spesso male. I risultati sono pessimi e ci si complica la vita per nulla. Sembra appagare, fare gli odiatori seriali, ma non cancella la frustrazione di una vita di merda. Quello che si posta e si replica non ha peso perché la gran parte delle volte gli haters non hanno peso nella società e nemmeno tramite una connessione Internet. L’hater vive in modo mediocre pensando che un domani tutto sarà più bello, spesso è un complottista e volentieri un cospirazionista da strapazzo. Dicono che gli haters siano dei Leoni da Tastiera, purtroppo dei grandi felini non hanno nemmeno l’unghia di una zampa e le dimensioni della tastiera sono confinate allo schermino touch del loro smartphone ricondizionato.
Purtroppo, la maggior parte degli haters popola l’universo musicale, scagliandosi contro uno o l’altro personaggio con estrema disinvoltura, come degli ultrà di quartiere rinchiusi una buia stanza.
Prendono di mira gente come XXX Tentacion, Paris Hilton, M¥ss Keta e in modo particolare Gianluca Vacchi, insomma, sì, quelli che hanno raggiunto gli obiettivi prefissi attraverso strade alternative.
Spesso l’hater è brutto forte, dal suo mesto volto non può trasparire una illuminante intelligenza. L’hater vive in un’area disagiata di una città o di una provincia lontana da tutto e tutti. Ha sì un lavoro ma non gli piace, questo lo porta a confrontarsi con i colleghi che puntualmente odia ma, non avendo il coraggio di confrontarsi con loro di persona, li diffama a debita distanza, magari al bar con un immaginario megafono o magari online a punta di piedi e a punta di mouse. La categoria del dj che dice di fare questo per lavoro e che invece lo fa per hobby, rosica quando vede i protagonisti volare alto: soldi, fama, bella vita lo fanno tremendamente incazzare.
Quando vengono blastati da un Mentana di turno, poi cambiano obiettivo. Cercano della visibilità ma troverano solo shitstorm.
Dobbiamo sempre capire come e dove la razza umana possa spingersi, anche attraverso una meravigliosa opportunità come quella dei social network. Grazie alla diffusione degli haters probabilmente lo abbiamo capito. L’hater tempesta tutti di un sacco di balle che non può mai documentare. Vive di leggende metropolitane. Secondo lui i Merk & Kremont sono famosi solo perché uno dei due è figlio di Raul Cremona. Secondo lui David Guetta vale meno perché si è separato dalla ex moglie Cathy. E sempre secondo lui i Daft Punk sono quello che sono perché Thomas, uno dei due, è figlio di Daniel Bangalter Vangarde, leggenda che diede vita a hit come “D.I.S.C.O.”.
Sogno allora, a ogni chiacchiera, a ogni post sui social, un’intelligenza artificiale che al mio posto dica, agli haters, che signor Sada è momentaneamente assente.
Sta bevendo un caffè per distogliere le attenzioni dalle inutili esternazioni. Vorrei una IA che ricordi di attenersi a un comportamento consono a una chat pubblica; che spesso con un sonoro calcio in culo verrà espulso da interessanti conversazioni; che, da comuni mortali è un attimo trasformarsi in un letale troll; che si sta approfittando della pazienza e dello spazio altrui.
L’hater sconfina con argomenti off topic e in un attimo si trasforma in #webete. Senza l’assoluta comprensione, l’hater non torna in carreggiata. Insomma, non si leva dal cazzo. Servono le maniere forti. Ma quali, davanti al “so tutto io”, non solo specializzato in dj e musica dance ma anche in pianeti piatti e vaccini.
È il professore ma peggio di quello della Casa di Carta. Oppure, è il saccente.
È il tuttologo ad ampio raggio che a suo modo propone la formula pensando di imporla. È arrivato l’hater, nella sua aula vuota, e, in fondo, ne sono contento. La prima cosa che suona bene, il professore, è la campanella della ricreazione. Il professor hater, senza macchia e senza paura, è avvocato delle cause perse e sulla musica è il re degli sprovveduti Eppure, in posa autoreferenziale, si dimostra pronto a farci cambiare idea e soprattutto a cambiare il mondo. Personalmente, non conosco di persona un professor hater. Solitamente, snocciola suggerimenti e raccomandazioni, che con superbia centellina come un discepolo che imbraccia un vangelo; in realtà sí, lo individuo, lo riconosco: è un cliché umano. Un individuo Inutile.
Non faccio fatica a capirti e a capire quale generazione o decade di genitori abbia fallito, nonostante la lampante proliferazione di nerd, millenial, hipster, Z, Y, X o respirante letame e bimbiminkiame. Così non mi meraviglia l’allargarsi a macchia d’olio della chiazza abitata da ebeti e neo ebeti e quindi webeti. Da una parte ciofani che non vedono oltre il proprio naso e dall’altra distrutti individui che rosicano tracotando in una povertà intellettuale.
Ed ecco finalmente quello che “ci sono cose ben più importanti” a commento di un proprio pensieri. Ma dai? Non sono scomparse solo le mezze stagioni e i mezzi stipendi, la classe media e la lotta di classe: è scomparso tutto ciò che stava sul confine. Pare, leggendo ciò che scrive un hater, che sia scomparsa anche l’attenzione a quello che uno scrive. Sei fuori strada come un Land Rover, ti sei auto depistato.
L’hater moralista è l’estremismo in carne e ossa. La sua incontenibile forza ha cancellato le integrazioni morali. Mi meraviglio che io abbia iniziato a meravigliarmi sempre meno di tutto. Quando posti un frammento sui massimi sistemi e viene ignorato ed evidentemente preferito un culo o un meme, bene: sappi che tu hater, con questo voto – perché di voto si tratta quando metti un like e assegni un tuo valore – meriti non solo un mio vaffanculo o magari la mia disapprovazione.
Meriti di più, hater. Tu che vedi i social come il bar di tuo nonno, area ludica in cui intrattenere il pubblico con barzellette che irradiano tristezza: i social per te sono l’anticamera di un varietà.
Tu, diffusore di buonumore spiccio e coatto, meriti molto peggio: un futuro non di merda, perché sarebbe sicuro nel suo lezzo. Meriti un futuro incerto.
Commentare e comportare in modo negativo e critico per abbattere un’altra persona ridimensionandola serve a nulla. A volte anonimo o presente nei social con soprannomi o nomi di fantasia (la sua alta ironia lo porta a scrivere nel proprio profilo “lavora presso se stesso” e assicurare che abita a Miami), l’hater può anche diventare uno stalker o un cyberbullo.
Trattare con gli hater è sulla carta facile ma non si può generalizzare. Può essere smascherato davanti a suoi conoscenti. Può essere gentilmente invitato ad andarsene dalla propria vita. E ancora: può essere bellamente ignorato. Reagendo o rispondendo ai suoi commenti negativi, non si farà altro che gettare benzina sul fuoco alimentando una già di per sé animata situazione. Si minaccia va segnalato. “Haters make me famous”. Gli odiatori rendono famosi, si diceva spesso anni fa. Indubbiamente creano traffico online. Certo è che non alimentino e migliorino il profilo degli odiati.
Francesca Michielin, conduttrice di X Factor 2022, in una puntata del talent show ha ricordato a un pubblico fischiante e contrariato da una scelta di un giudice che gli haters non sono più di moda. Tuttavia, guardandoci in giro, siamo sicuri che l’odio non sia qui per restare?