Perché ha vinto l’Ucraina con i Kalush all’Eurovision Song Contest 2022? Robert Eno Relight prova a spiegarcelo…
Ospitiamo ancora, con orgoglio, un bell’articolone by Robert Eno Relight dei Relight Orchestra sull’Eurovision Song Contest 2022. Leggetelo con attenzione che, come sempre, dice e scrive cose dannatamente intelligenti.
Quante volte riflettiamo sulla musica che gira intorno? Robert Eno lo fa. E parecchio. Con originalità. Basta leggere per capirlo.
Qui sotto vediamo un bel collage dei Relight Orchestra in Ucraina…
In un momento storico delicato come questo il dubbio è più che legittimo, ma cerchiamo di andare oltre le banali apparenze.
Non mi soffermerò su Eurovision dal punto di vista televisivo perché il gradimento di uno spettacolo è soggettivo. I gusti cambiano in base al paese o al singolo individuo.
Questo format, più che una sfida musicale, mi ricorda un po’ “Giochi senza frontiere”. Era il programma che nel secolo scorso vedeva i rappresentanti di vari paesi competere in giochi improbabili. In quello show l’abilità era spesso relativa. Allo stesso modo, anche Eurovision mette in gara prima i paesi rispeto agli artisti. E spesso questi ultimi al di fuori propri confini sono emeriti conosciuti.
QUI NASCE SPONTANEA LA PRIMA CONSIDERAZIONE IMPORTANTE: Come è possibile che l’Europa, madre della cultura moderna sia ancora così frammentata a livello di scena musicale? Perché i Kalush sono così diversi dal sound britannico?
Un cowboy texano e un afroamericano della Louisiana avranno probabilmente gusti musicali diversi ma entrambi sanno chi è Rihanna. Qual’è il problema in Europa? La frammentazione linguistica o il mercato musicale in generale?
Probabilmente entrambi. Le succursali nazionali delle major discografiche devono rendere conto del proprio fatturato locale, quindi sfruttano qualsiasi mezzo mediatico che porti streaming. Spesso però l’artista è messo in secondo piano rispetto al paese d’origine. Se i colossi americani puntano in primis alla visibilità, perché non dovrebbero farlo i politici Europei? O gli stessi cantanti ucraini quando lanciano un appello per il proprio paese martoriato dalla guerra?
È ovvio che ciò ha dato spazio a sentimenti e favoritismi che possono aver condizionato il voto, ma fa tutto parte del gioco. Perché in fondo il format stesso è strutturato come un gioco, lo stiamo dicendo dall’inizio.
Quello che invece dobbiamo chiederci è se il brano meritava veramente a prescindere dai risvolti politici!
Per fare ciò la prima cosa che dovremmo fare è ascoltare le singole canzoni, possibilmente senza condizionamenti di paesi e di immagini.
Ecco tutti i pezzi su Spotfy.
Un ascolto anche superficiale della playlist ufficiale di Spotify evidenzia subito una realtà innegabile. Mi riferisco alla predominanza di melodie e costruzioni musicali pop in forma di canzone, e ciò non è affatto scontato dopo un periodo di dominio del rap e della trap su basi dove l’armonia era praticamente azzerata.
Una rivincita del classicismo che però nella maggior parte dei brani suona come qualcosa di già sentito. Le canzoni a primo ascolto sembrano accattivanti, ma poi la lingua sconosciuta penalizza chi ascolta da altri paesi, per cui il brano sembra non raggiungere gli standard americani.
La traccia di Kalush Orchestra invece spicca subito per la sua marcata diversità. Un flautino tradizionale unito al rap su base hip hop e un ritornello corale molto immediato si fondono in maniera magistrale rendendo forte ogni parte del brano. Il mondo etnico del brano ucraino supera ogni barriera linguistica, rendendolo meritevole del consenso ricevuto. Viviamo in contesti sempre più multi etnici e le contaminazioni folk non dovrebbero nemmeno fare scalpore, visto che già da decenni abbiamo assimilato musica gitana, celtica, balcanica, etc.
È STATA UNA SPECULAZIONE MEDIATICA?
Forse in parte c’è stata, ma è nata dopo che si è creata l’occasione. La band ucraina è giovane, esiste dal 2019 e in Ucraina ha già fatto più di una hit. Il nome stesso Kalush indica la città di origine e la parola Orchestra è abbinata quando il rap integra musicisti tradizionali. In tali occasioni i vestiti di scena sono in linea con le usanze del paese, sia i cappelli da pescatore, sia gli abiti da sciamano. Tutto ciò è espressione artistica coerente in origine, molto lontano da una speculazione costruita a tavolino.
Prima della guerra in Ucraina io e Mark Lanzetta ci siamo esibiti una decina di volte fra Kiev e Odessa come Relight Orchestra e mi viene da piangere solo a pensare all’incubo che stanno vivendo oggi. Vi dirò che là il concetto di orchestra che fonde elementi tradizionali e moderni è apprezzatissimo. Noi siamo andati per anni a prescindere dall’avere o meno hit in classifica perché si esaltavano vedendo un dj che si esibiva con un musicista al violino e arpa laser.
Credetemi quando vi dico che l’apertura mentale del popolo ucraino è molto ampia e forse noi Italiani dovremmo prenderne spunto. I nostri stessi musicisti dovrebbero osare un po’ di più in fase creativa, perché chi ha fatto hit internazionali in passato le ha spesso fatte uscendo dagli schemi.
Robert Eno Relight