La radio è morta? Forse sì, forse no… Sada Says 22 04 25

La radio è morta? Forse sì, forse no. Forse la scatola, non il suo contenuto / Sada Says 22 04 25

Mentre il 96% delle 50 auto più vendute in Italia nel 2024 integra Android Auto e Apple Carplay, aprendo le porte a Spotify e YouTube, il 100% mantiene ancora la radio nei sistemi di infotainment. Un paradosso che rivela come il mezzo tradizionale resista, ma non senza sfide: solo il 40% delle vetture ha un pulsante dedicato alla radio, mentre il 60% la nasconde tra le opzioni “media”. L’auto, regno storico della radio, non è più un monopolio. Servizi in streaming, podcast e app competono per l’attenzione di 35 milioni di ascoltatori giornalieri, con numeri che nascondono un’evoluzione silenziosa. RTL 102.5 guida la classifica con 5,7 milioni di utenti al giorno, seguita da RDS (5,2 milioni) e Radio Deejay (4,97 milioni), ma il futuro si gioca altrove: social network, video e testi. Le radio più smart, come Radio Deejay e RTL 102.5, accumulano milioni di interazioni mensili su Facebook e Instagram, mentre i video di Radio Italia superano i 7,7 milioni di visualizzazioni.

Numeri ancora lontani dai colossi TV (Maria De Filippi sfiora i 142 milioni di video visti), ma in crescita del 300% rispetto ai soli siti web.

Il segreto? Pensare “oltre la radio”. RaiPlay Sound e Radio 105 scommettono su podcast e contenuti esclusivi, mentre le locali come Radio Bruno e Norba costruiscono community con dirette social e collaborazioni virali. Gli investitori, intanto, guardano oltre l’audio: il 95% del mercato pubblicitario è dominato da video e testo, settori in cui la radio può infiltrarsi. Durante il World Radio Day a Milano, Radiospeaker ha lanciato l’allarme: senza una strategia cross-mediale, le emittenti rischiano di perdere il treno digitale. L’intelligenza artificiale e l’adattamento tecnologico sono chiavi per sopravvivere, ma servono risorse. Il 4,4% delle quote pubblicitarie italiane va ancora alla radio, ma il potenziale è nel 5,1% dell’audio e nel 54,8% del video. Per intercettare i giovani, servono contenuti “liquidi”: storie Instagram, reel, tutorial e live Twitch. Le auto elettriche di domani avranno schermi sempre più grandi: la radio dovrà trasformarsi in intrattenimento visivo, senza tradire la sua essenza.

La radio è morta? Forse sì, forse no...

I dati Audicom rivelano che 1,9 milioni di utenti unici mensili visitano i siti delle radio, numeri bassi rispetto a Fanpage (16,7 milioni di interazioni), ma in crescita. La sfida? Costruire brand riconoscibili anche per chi non ha mai acceso una frequenza FM. Come ha spiegato l’associazione Una, il futuro è nella convergenza: audio, video e testo per catturare target sempre più sfuggenti. Le radio che sopravvivranno saranno quelle in grado di suonare non solo sulle auto, ma negli smart speaker, nei wearable e nei metaversi.

Il countdown è iniziato. L’adattamento non riguarda solo i contenuti, ma anche l’esperienza utente. Le radio più innovative stanno testando funzionalità interattive: quiz in diretta tramite app, scelta della playlist con votazioni social, o esperienze AR collegate ai programmi. Radio Capital, ad esempio, ha lanciato un progetto di realtà aumentata durante i concerti virtuali, permettendo agli ascoltatori di “entrare” negli studi. Intanto, RDS sfrutta TikTok per snippet di 15 secondi dei suoi speaker più iconici, trasformando i momenti virali in ascolti tradizionali. Un crossover che funziona: il 30% degli under 25 scopre nuove radio proprio attraverso i social. Ma non basta: l’integrazione con gli assistenti vocali è cruciale. Alexa e Google Assistant oggi rispondono a comandi come “metti Radio Deejay” ma le emittenti devono garantire una qualità tecnica impeccabile per evitare che l’utente passi a servizi on-demand. La sfida della discoverability è enorme: se una radio non è facilmente trovabile tramite voce, perde terreno. Il ruolo dei podcast è un altro tassello. Secondo Nielsen, il 42% degli italiani ascolta podcast almeno una volta a settimana, e le radio stanno convertendo i loro programmi più popolari in serie on-demand. Radio 24 ha quadruplicato l’offerta podcast nel 2024, con contenuti esclusivi per abbonati.

Un modello che attira sponsor mirati, disposti a pagare premium per pubblicità dinamiche inserite in contenuti di nicchia. Anche le radio musicali seguono l’onda: Radio Italia offre interviste “extended” agli artisti solo in versione podcast, mentre Virgin Radio punta su format comici in collaborazione con influencer. Il lato oscuro? La frammentazione. Con migliaia di emittenti locali e tematiche, il mercato rischia la saturazione. Radio Sportiva domina tra gli appassionati di calcio con live 24/7, ma fatica a monetizzare senza una strategia social solida. Le piccole realtà, intanto, sopravvivono grazie al legame col territorio: Radio Norba organizza feste di piazza con artisti locali, trasformando gli eventi in contenuti per YouTube e Instagram. Ma serve equilibrio: troppa diversificazione può diluire il brand. La pubblicità resta il motore, ma cambiano le regole. Gli inserzionisti chiedono dati precisi: età, interessi, orari di ascolto.

Le radio rispondono con partnership con operatori telefonici per incrociare dati di ascolto e abitudini digitali. RTL 102.5 ha lanciato un servizio di ads personalizzate in base alla posizione GPS delle auto, offrendo sconti in tempo reale ai negozi vicini. Una rivoluzione che però solleva dubbi sulla privacy. Intanto, le radio generaliste puntano sul branded content: Radio Deejay ha creato un programma finanziato da un brand di auto elettriche, mixando interviste e test drive in diretta. Il futuro? Secondo gli analisti, la radio diventerà un “contenitore liquido”, adattabile a qualsiasi piattaforma. Già oggi, RaiPlay Sound sperimenta playlist generate da IA in base all’umore, mentre Radio 105 testa jingle composti in tempo reale con algoritmi. L’obiettivo è chiaro: restare rilevanti in un mondo dove l’attenzione è merce rara. Ma la vera svolta potrebbe arrivare dalle frequenze 5G, che permetteranno trasmissioni in ultra HD e interattività istantanea.

Intanto, il 60% delle radio italiane ha avviato corsi di formazione per gli speaker sulle nuove tecnologie: dalla gestione dei social all’uso di software di editing avanzati. La radio non è morta, ma deve rinascere. Come? Sfruttando ogni pixel, ogni secondo di audio, ogni like. Senza paura di sperimentare, perché il pubblico cerca ancora emozioni. E mentre le auto elettriche sfrecciano silenziose, le radio imparano a urlare più forte, anche senza frequenze.


Riccardo Sada
 
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