La libertà dei lupi della discografia significa la scomparsa delle pecore per Sada Says 15 04 25
La metafora della libertà dei lupi della discografia significa la scomparsa delle pecore sintetizza in modo incisivo i paradossi e le contraddizioni dell’industria musicale contemporanea, dominata da dinamiche di potere che favoriscono i grandi attori a discapito dei più deboli. I “lupi” rappresentano le major discografiche, le piattaforme di streaming globale, gli algoritmi che governano la visibilità, e tutti quei soggetti che detengono il controllo economico e culturale del mercato. Le “pecore”, invece, sono gli artisti emergenti, i generi di nicchia, le culture locali e, in senso più ampio, gli stessi consumatori, sempre più omologati e privati della possibilità di scegliere in modo autonomo. In un ecosistema dove la libertà dei primi diventa assoluta, i secondi sono destinati a soccombere, schiacciati da un sistema che premia la concentrazione del potere e marginalizza la diversità. Con l’avvento della digitalizzazione e l’esplosione dello streaming, l’industria musicale ha vissuto una trasformazione radicale.
La libertà dei lupi
Se da un lato queste tecnologie hanno democratizzato l’accesso alla produzione e alla distribuzione musicale, dall’altro hanno creato una nuova gerarchia, ancora più rigida di quella del passato. Piattaforme come Spotify, Apple Music e YouTube agiscono come moderni “lupi”, stabilendo regole invisibili ma ferree: algoritmi che privilegiano contenuti già virali, accordi commerciali che avvantaggiano le major, meccanismi di royalties che lasciano agli artisti indipendenti briciole dei profitti. Secondo uno studio della Music Managers Forum, oltre il 90% dei guadagni generati dallo streaming si concentra sul 10% degli artisti, spesso quelli già affermati o sostenuti da etichette potenti. Questo squilibrio trasforma la “libertà” offerta dal digitale in un’illusione: chi non ha risorse per competere in visibilità, marketing o presenza algoritmica viene semplicemente cancellato dal mercato, come una pecora in un branco senza protezione. Il problema, però, non riguarda solo gli artisti.
La libertà dei lupi cosa significa nella discografia?
Anche il pubblico subisce gli effetti di questa asimmetria. L’algoritmo, ottimizzato per massimizzare l’engagement, tende a proporre contenuti omogenei, creando un circolo vizioso in cui i gusti si appiattiscono su ciò che è già popolare. Ciò riduce la possibilità di scoperta di musiche alternative, sperimentali o legate a culture minoritarie. Inoltre, i dati raccolti sulle preferenze degli utenti vengono utilizzati per rafforzare il controllo dei “lupi” sul mercato, trasformando l’ascolto in un processo sempre più passivo e prevedibile. La libertà di scelta si trasforma così in una gabbia dorata, dove l’utente crede di navigare in un oceano infinito di possibilità, ma in realtà nuota in una piscina i cui confini sono decisi altrove.
C’è poi un aspetto culturale profondo: la scomparsa delle “pecore” equivale all’erosione della diversità musicale, con ripercussioni sull’identità collettiva.
Generi come il folk regionale, la musica tradizionale di piccole comunità o progetti sperimentali senza appeal commerciale rischiano di estinguersi, non per mancanza di valore artistico, ma perché schiacciati da un modello che premia solo ciò che genera profitto immediato. Questo processo minaccia la ricchezza del patrimonio sonoro globale, riducendo la musica a prodotto standardizzato, svuotato della sua capacità di raccontare storie complesse o di contestare lo status quo. Cosa fare per riequilibrare l’ecosistema?
Alcuni propongono modelli alternativi: piattaforme cooperative gestite da artisti, sistemi di royalty equi basati su blockchain, o il ritorno a formati fisici e circuiti locali per sfuggire alla dipendenza dallo streaming. Altri invocano regolamentazioni antitrust per limitare il potere delle major e delle Big Tech. Ma la soluzione più radicale potrebbe essere culturale: educare il pubblico a un ascolto più critico e consapevole, sostenendo attivamente realtà indipendenti. Senza un cambiamento strutturale, la libertà dei “lupi” resterà un privilegio per pochi, e le “pecore” non saranno solo sconfitte, ma dimenticate. La posta in gioco non è solo economica, ma esistenziale: preservare la musica come spazio di libertà, non come terreno di coda per predatori.
Riccardo Sada x Sada Says @ Alladisco