Da Michael Jackson a Sfera. Piccole star e grandi numeri, il music business nell’era dei social e dello streaming

Piccole star e grandi numeri. Che differenza c’è tra Michael Jackson e Sfera? E’ logico dire che oggi fa tutto schifo e che ieri era tutto bellissimo, nella musica pop rock, oppure no? Certo, Jackson è ineguagliabile. Ma come mai quasi tutti gli over 30, in Italia, vomitano contro Sfera Ebbasta, senza averlo mai davvero ascoltato (eppure è gratis, su Spotify)?

Piccole star, quelle che oggi riempiono concerti, “star” che non escono dal loro settore / genere musicale e non cambiano la società in niente come fece David Bowie quando diventò Ziggy Stardust, bellissima creatura senza sesso.

Parlo di piccole star come Lazza, che fa 3 concerti al Forum di Assago. 3, mica uno… Piccole star che vengono criticate (dai vecchi, quelle della trap) e/o ignorate da quasi tutti (quelle del k-pop tipo i BTS), altro che Michael Jackson negli anni ’80 del ‘900… E Tony Effe? Beh, Tony Effe mica è il diavolo.

E grandi grandi numeri, quelli dello streaming, visto che i plays, ovvero le volte che i brani vengono riprodotti, si contano in miliardi, ormai, mica in milioni. I discografici si lamentano moltissimo perché si pubblica troppa musica, ma Daniel Ek di Spotify guadagna eccome… Anche se, evvero Spotify come piattaforma non lo fa, il che è strano, ma se viviamo in un mondo in cui WhatsApp è sarebbe solo un “costo” per Zuckerberg e Meta, mentre è ovvio che fa incasare con i nostri dati, in qualche modo, ma mica ne parliamo. Siamo tutti preoccuparti dall’AI, mentre Los Angeles, banalmente, brucia…

Sto divagando è vero, per cui torno al music business, che sta cambiando ed è un business oggi decisamente maturo.

I discografici, in Italia si lamentano. Ma la discografia, anche in Italia, sta vivendo una seconda giovinezza, c’è un sacco di gente che ci lavora. Come negli anni ’90, quando c’era ancora il cd, ma poi arrivò l’mp3 pirata di Napster, i cd falsi dai vu cumprà e la crisi assoluta. Oggi non c’è crisi, manco per Spotify e gli altri operatori, che si lamentano della troppa musica che viene pubblica. Ma come dobbiamo fare? Chi è che sceglie? Oggi i server costano poco, costeranno sempre meno e ognuno di noi ha il diritto di pubblicare quello che vuole, sentirsi artista… e tutti noi, come ascoltatore, deve trovare il tempo e il modo di scegliere. Ed ascoltare Michael Jackson, Jimi Hendrix e Mozart, preferendolo (dopo un breve assaggio) al sound che gira intorno, se il sound che gira fa schifo.

Oggi, come dovremmo aver capito, il pop vale pochissimo. Un tempo producevi un capolavoro del pop come “Thriller” di Michael Jackson spendendo tanto, ma poi lo riproducevi a livello industriale guadagnando cifre folli. Oggi pubblichi 1000000000000 (…) tracce al giorno e ogni traccia costa quasi 0, per cui basta guadagnare 0,1 per ogni riproduzione, per incassare. Il music business oggi è un business maturo, anzi quasi avariato.

Ma fa davvero schifo il pop delle nostre piccole star? Siamo sicuri? Il pop oggi regna, oggi e non ieri. Negli anni ’90 nacquero i Daft Punk e i Nirvana, oggi siamo levigatissimi… Ma il pop è di ottima qualità

E’ solo oggi che il pop sta vivendo, dopo gli splendidi anni ’80, una seconda giovinezza. Accanto a Taylor Swift, che è semplicemente perfetta (per qualcuno anche troppo, ma ha un cuore country, per fortuna), ecco (piccole? Boh) star come SZA e Franck Ocean, piccole star che mia figlia (quasi 16 anni) ascolta davvero, mentre la trap italiana la sente con gli amici per stare insieme a loro, così come facevo io negli anni ’80 ascoltando gli Europe. Non mi sono mai piaciuti gli Europe, io ascoltavo James Brown.

Dobbiamo quindi davvero preoccuparci del presente del futuro della musica pop rock, se oggi possiamo ascoltare SZA e Franck Ocean? Ma per favore.

A parte che preoccuparsi non serve proprio a niente, se il resto della musica pop rock è in crisi artistica, il pop americano (nel senso più ampio del termine) spacca.Preoccupiamoci per noi, per il paesiello che è oggi l’Italia dal punto di vista musicale.

Noi abbiamo piccole star. E’ oggi, non negli anni ’80 / ’90 che quasi tutto passa da Sanremo. E’ oggi che ascoltiamo soprattutto musica italiana. Passi pure il revival del grande 883 & Max Pezzali, un artigiano del pop fantastico. Va benissimo il successo dei Pinguini Tattici Nucleari, che potrebbero essere i Nomadi di oggi (e il loro frontman la musica l’ha studiata)… ma due date a San Siro per Ultimo, non sono un po’ tante? Ultimo che ha scritto 5 – 6 pezzi davvero belli (anche io suono il piano, “Sogni appesi” è un capolavoro)… Ma siamo allo sfruttamento del poco, al massimo.

Le piccole star della musica italiana producono soldi (con i concerti soprattutto, ma quando arrivi ai numeri di Sfera anche con lo streaming) perché il music biz è maturo e sfrutta ogni prodotto al massimo.

Però la musica dei ragazzi non arriva quasi mai a noi anziani (ho quasi 53 anni). Sfera, che spesso fa brani bellissimi d’amore (come Bottiglie Privè) è considerato uno scempio musicale, come succedeva negli anni ’80 a Lorenzo / Jovanotti, ma Jovanotti allora dovevano ascoltarlo tutti. Oggi Radio Deejay Sfera NON lo programma quasi mai e gli adulti possono restare fedeli al loro vecchiume. A me dispiace, ma sono dispiaceri banali.

E quindi che sto facendo, qui in questo confuso ma forse chiarissimo “saggio”, Piccole star e grandi numeri, il music business nell’era dei social e dello streaming. Sto pensando mentre scrivo. E forse non si capisce tutto. Ma un po’ sì. Senz’altro sono spunti per approfondire, ognuno può farlo. Oppure lamentarsi, come facciamo tutti sui social.

Io, Lorenzo Tiezzi, giornalista / ufficio stampa, nel lontano 1996 mi son laureato in Musica al DAMS di Bologna, con una tesi dedicata ai concerti (Il Concerto Rock, analisi socio musicale di un rito). E qualche decennio dopo la pubblicazione di contanto capolavoro, e nel bel mezzo una carriera di medio livello tra comunicazione e discografia, rispondo “da par mio” (ovvero, un po’ così) al mitico saggio di Walter Benjamin, “L’Opera d’arte nell’era della sua riproducibilità tecnica“.

Ovviamente, essendo io Lorenzo Tiezzi e non Einstein, volo basso, a volte mi incagliaopure. Però provo a volare, ovvero a ragionare.

E che faccio, dopo avervi fatto decollare? Già atterro. E concludo. Parlando dei concerti.

I concerti, sempre più grandi, sono oggi quindi il principale modo in cui un po’ tutto il business monetizza. I grandi concerti sono spesso puro revival, ma non sempre. Quelli di Olivia Rodrigo e Sfera non sono revival. E sono costosi.

Senz’altro NON sono così redditizi come sembra. Perché non sono replicabili all’infinito come la moda, di lusso e o fast fashion che sia. Un concerto è pur sempre un evento di alto livello tecnologico, a cui lavorano decine e decine di tecnici, in luoghi diversi (è un tour). Ecco perché Rihanna non canta più e fa moda. Gudagna di più.

Ecco perché luoghi come l’iper tecnologico The Sphere a Las Vegas, in cui gli artisti diventano stanziali, possono abbassare i costi. Se sul palco metti sempre gli stessi artisti, con tecnologie ‘virtuali’ e video (pochi perfomer, pochi tecnici) e fai viaggiare senza costi degli organizzatori gli spettatori, invece che spostare tutto l’evento, incassi molto di più.

Proprio a The Sphere i protagonisti sono artisti come gli U2 (che oggi sono piccole star, e non l’avremmo detto mai), oppure il dj italiano Anyma. Non è che conta molto. E’ tutto entertainment. E sono tutte piccole star.

(Lorenzo Tiezzi x AllaDisco)

PS E I SOCIAL?

Che dite, non parlo di social ma i social sono nel titolo? E’ che le nostre (bellissime) piccole star sono tutte star dei social. Sono così star, sui social, che dedicano al loro ego sulle loro piattaforme gran parte delle loro energie. Mica tutti, sia chiaro. Gente come Taylor Swift o Sinner fa il suo lavoro e se ne fotte dei social, parlo della piccola star media… Siccome gli artisti, anche quelli geniali, spesso non sono così intelligenti ma hanno un ego immenso, si gratificano dedicando ai social ore ed ore ogni giorno. Non lavorando sul loro core business, la musica e come venderla. Il risultato sono appunto piccole star.

Immaginatevi oggi David Bowie / Ziggy Stardust? Che farebbe, oggi, sui social? Probabilmente li monetizzerebbe con l’assenza, come Maurizio Cattelan o Banksi. O farebbe qualcos’altro. Chissà.

Senz’altro non è un caso che oggi (e non ieri), l’arte contemporanea sia più popolare di ieri. Anche sui social. Barbero, star della storia, social, è cresciuto grazie a questo immenso amplificatore… che però, il pop, nel complesso, ha reso più piccolo. E settoriale.