E ora mandiamo gli A&R a spasso, con Chartmetric ci dice Riccardo Sada nel suo scatenato Sada Says per AllaDisco
Chartmetric è una di quelle invenzioni che, se prenderanno piede e nuova forma sotto anche differenti spoglie, potrà cambiare gli scenari della discografia. È una piattaforma di analisi e matching che cambierebbero le regole del gioco, nel music business, un po’ come il vento che soffia e rimescola carte, speranze, destini. Filosofia? Lo vedremo. Per chi non lo sapesse, Chartmetric monitora i numeri del mercato musicale digitale: flussi, tendenze, ascolti, visualizzazioni.
Niente le sfugge, al suo occhio vigile: un grande fratello digitale che serve a chi vuole stare al passo con le regole ferree di Spotify, Apple Music, YouTube e tutte le altre piattaforme. Una piattaforma che non è solo una finestra sui dati: è la strada che permette agli attori dell’industria musicale di percorrere o rimanere indietro.
Ma gli gli A&R a spasso perché ci devono andare? C’è Chartmetric
Per le etichette indipendenti, l’arrivo di Chartmetric è una piccola rivoluzione. Se un tempo le major potevano schiacciare tutto con la potenza del marketing e delle radio, ora i piccoli hanno la possibilità di capire dove il vento tira, di seguire i flussi e provare a colmare il gap. È una questione di numeri, di strategie, di mani che cercano di afferrare al volo una scia prima che svanisca. La piattaforma dà loro accesso a grafici, dati aggiornati al secondo, una visione chiara del mercato che permette di vedere chi sale e chi scende, quali playlist garantiscono popolarità e dove il pubblico si sta spostando. Le etichette indipendenti, quelle che in altri tempi avrebbero resistito con forza e idee contro i colossi, ora possono usare i dati per mirare meglio i loro obiettivi, trovare spazi e crepe nel sistema in cui inserirsi.
D’altra parte, le major non stanno a guardare. Se i piccoli si armano di grafici e intuizioni, i grandi affinano le loro già consolidate strategie.
Per loro, Chartmetric è un altro strumento per consolidare il dominio, per essere ancora più precisi, per prevedere i gusti del pubblico e anticiparli, piegandoli ai loro ritmi di produzione. Ma guai a pensare che tutto si risolva nei numeri. Qui si gioca una partita più sottile, dove i colossi possono usare i dati per agire chirurgicamente, spostare fondi, acquisire artisti promettenti prima che sfuggano al loro controllo. Si muovono come cacciatori, sfruttando la marea di dati per mantenere il predominio.
In questo gioco, anche i dj hanno trovato la loro voce.
Quelli che per anni hanno animato le serate, mescolando dischi e creando atmosfere, oggi devono combattere con numeri, grafiche e playlist. Eppure, Chartmetric può diventare una spada a doppio taglio nelle mani giuste: consente loro di analizzare l’andamento dei brani, di capire quando e dove lanciare una traccia. È una corsa contro il tempo per rimanere rilevanti, per cavalcare un’onda prima che si spezzi. I dj possono vedere quali trend stanno nascendo, intuire i gusti dei giovani e prepararsi al colpo. È un’arte che si trasforma, che mescola istinto e calcoli. Ma il rischio è quello di perdere la magia, di ridurre tutto a una questione di dati.
E poi ci sono gli utenti, quelli che consumano musica su DSP (digiital service provider come YouTube e Spotify) come se fosse ossigeno.
Loro vivono le conseguenze di questo nuovo mondo. Se le etichette, gli A&R e i dj si muovono con precisione chirurgica grazie ai dati, per loro c’è il rischio di essere intrappolati in un mondo fatto di suggerimenti su misura, in cui tutto sembra perfetto e calibrato. Ma quanto di ciò che ascoltano è frutto di un algoritmo e quanto di un’emozione? Chartmetric, come altre piattaforme, rende l’esperienza d’ascolto iper-personalizzata, ma forse anche più prevedibile. I dati possono condurre a una saturazione delle tendenze: troppa ottimizzazione, troppa omologazione.
Chartmetric fa perdere l’anima?
Non è solo questione di numeri e algoritmi: la musica, quella vera, nasce dalla pancia, dal bisogno di dire qualcosa al mondo. Chartmetric può essere un alleato per le etichette, un’arma per i discografici, uno strumento per gli utenti, ma il rischio di perdere l’anima c’è e rimane. Il futuro della musica è appeso a un filo sottile: se lasciamo che siano solo i numeri a parlare, rischiamo di ridurre tutto a una sequenza di dati, dimenticando che dietro ogni nota c’è l’insondabile mistero dell’arte. E allora sarà il modo in cui useremo questi strumenti a decidere chi vincerà e chi perderà. E chi, forse, continuerà a lottare. Cari A&R, o vi preparate a essere potenziati o potete schiodarvi dalla vostra poltrona in pelle. I vostri minuti sono contati.
Riccardo Sada x Sada Says x AllaDisco