Intervista con Steve Tosi… Ebbene sì, abbiamo incontrato Steve Tosi, una delle colonne (musicali) di Acetone, la label funky house decisamente in crescita creata da Nari e Jens Lissat. Con il suo lavoro di coordinamento e la musica di artisti italiani di qualità tra cui Sandro Puddu, Giorgio V e Max Magnani, Acetone fa ballare il mondo.
Ci racconti una tua release su Acetone a cui sei particolarmente legato?
Credo “Relax”. E’ stata la mia prima traccia da solista a finire in top ten, ancora oggi quando faccio serate come Steve Tosi ci sono persone con lo smartphone intente a shazzammare.
Che ci racconti su Acetone? Il progetto è senz’altro in crescita a livello internazionale…
In crescita costante oserei dire, stiamo tutti lavorando ogni giorno per dar vita a qualcosa che fino a ieri non esisteva, ogni settimana si aggiungono nuovi contatti e situazioni, questo per offrire al pubblico prodotti sempre ai massimi livelli e ai nostri artisti nuove opportunità professionali. Inoltre abbiamo da pochissimo istituito il progetto “I Want You” con il quale mi sono impegnato in prima persona a fare talent scouting alla ricerca di nuovi produttori Funky House da lanciare sul mercato mondiale. Se pensi che la nostra label ha poco più di due anni di vita, beh, direi che stiamo andando nella giusta direzione.
Intervista con Steve Tosi, un occhio al clubbing in Italia, come va?
Perché? Esiste ancora un clubbing Italiano? Diciamo che esistono DJ Internazionali che fanno vero clubbing e quando fanno date da noi, molto ben pagate, si respira quella favolosa atmosfera. Nello stesso tempo moltissimi DJ italiani, altrettanto bravi, pur di arrivare a fine mese (ricordiamoci che di discoteche ancora aperte da noi ne sono rimaste pochissime) fanno spesso serate in ristoranti, birrerie, bar ed eventi limitrofi, cercando di mantenere un equilibrio tra la musica da Club e tracce altamente commerciali, molto spesso ricorrendo a bootleg e mash-up di pezzi molto conosciuti. Ovviamente a loro va tutto il mio rispetto, ma allo stesso tempo la mia indignazione a questo sistema, che non li valorizza e premia come invece meritano.
Quali saranno le tendenze musicali dell’estate 2024?
Stiamo assistendo ad una decisiva rimonta del tribale in generale, Latin Tech e Afro House sopratutto, funzionano tantissimo all’estero, specie negli Stati Uniti, poi ovviamente tanta Tech House.
Come vedi la figura del DJ in questo periodo?
È evidente che siamo in un periodo storico di transizione, da una parte i DJSauri con decenni di console sulle spalle, un background pazzesco e tecniche di mix micidiali, dall’altra un’armata di giovani DJ che suppliscono alle doti dei DJSauri utilizzando ogni nuova tecnologia esistente, IA compresa. Nessuna della due squadre però vincerà la partita se non andrà all’origine della figura del DJ, come dico spesso, c’è un’enorme differenza tra “Fare il DJ” ed “Essere un DJ”.
Spiegaci meglio.
Il DJ deve emozionare, sopratutto deve stupire, deve offrire qualcosa che il pubblico non trova in altre situazioni, per le playlist trite e ritrite basta aprire un App del cellulare, perché pagare un biglietto o una cena per sentire le stesse cose, proposte nello stesso modo? Ti racconto un aneddoto a proposito di questa cosa, noi di Acetone eravamo andati a trovare i nostri amici Cube Guys ad un bellissimo party a Miami durante il WMC. Loro, fenomenali come sempre.
Poi è salito un altro DJ che però faceva Afro e Latin House, tutta rigorosamente cantata in spagnolo, ad un certo punto vediamo la pista strapiena di ragazze esultanti che guardano verso la console. Ebbene si, quei dischi non erano solo cantati in spagnolo, c’era il cantante in carne ed ossa in console con il microfono in mano che cantava dal vivo ed era una scena fantastica. In sintesi, selezione musicale inattaccabile, ma con quel tocco di originalità ed un pizzico di vera performance, questi sono gli ingredienti vincenti.
Perché hai iniziato a fare il dj e perché ancora oggi continui?
Ho iniziato da ragazzino facendomi le ossa organizzando feste private con gli amici, poi una di quelle feste si è trasformata in un vero e proprio Rave Party, avevamo affittato una colonia sul mare per il veglione di Capodanno del 1983 e speravamo di portarci dentro massimo qualche centinaio di persone, alla fine si sparse la voce che eravamo noi ad organizzare l’evento e ci trovammo a gestire (ed io da solo a far ballare) circa 2.500 persone. Da allora i gestori dei locali della zona hanno iniziato a prendermi sul serio e non mi sono più preoccupato di cercare lavoro, a quel punto era il lavoro a cercare me, nell’ultimo periodo qui in Romagna riuscivo a lavorare contemporaneamente in 4 importanti discoteche alla settimana, questo in inverno, in estate invece si partiva da fine giugno e si finiva a metà settembre tutte le sere.
Oggi è totalmente diverso, le esigenze sono radicalmente cambiate e le possibilità molto limitate, ma ho intrapreso la carriera di produttore anche per questo. È la giusta evoluzione del mestiere di DJ, avere la possibilità di creare in studio quello che suonerai nelle tue serate, e perché no? Contemporaneamente anche in tantissime altre discoteche in tutto il mondo altri DJ faranno lo stesso, suoneranno le tue tracce. Se fossi rimasto solo un DJ avrei smesso da tempo. E’ invece quel mettersi continuamente in gioco attraverso le tue produzioni che fa la differenza e tiene quel fuoco ancora acceso.
Quali sono i più grossi stereotipi sulla professione del dj e del produttore? Tutte quelle le cose che dice chi non fa il dj ed il produttore… e che molti pensano, ma non sono affatto vere?
Una è sicuramente la diatriba tra analogico e digitale in console, oggi produciamo in Studio a frequenze di campionamento elevatissime, con attrezzature di fascia altissima, in ambienti acusticamente perfetti, il ragionamento del vinile Vs. digitale aveva ragione di esistere agli albori, quando i primi CD venivano prodotti con le prime attrezzature interamente a 16bit, oggi lavoriamo quasi tutti in the box a 64bit ed esportiamo i master con una qualità di conversione allo stato dell’arte.
La seconda è quella di credere che chi usa un computer abbia vita più facile nella produzione, alcuni credono “Che faccia tutto lui” ma si sbagliano, in studio devi avere comunque una preparazione artistico-musicale per comporre armonia e melodia, poi tecnica anche solo per gestire le infinite possibilità del software, e per finire ci vuole il talento, il più importante ma inutile se non si è preparati nelle prime due materie. Nella Funky House sento spesso la frase “Basta usare i samples e metterci una cassa sotto, è facilissimo!” Ma se così fosse ci sarebbero milioni di artisti Funky House al mondo e non basterebbe una Top1000 per accogliere tutti questi vincitori, invece dove sono? Probabilmente, a vantarsi di essere i migliori DJ Producer del proprio condominio.
Per chiudere l’intervista, cos’è la musica per te in questo momento della tua vita?
È il mio lavoro, è il primo pensiero quando mi sveglio al mattino, il mio campo di competenze, ma anche una compagna di viaggio irrinunciabile, se oggi sono quel che sono è grazie a lei, mi ha aiutato in tutti i modi in cui una persona può essere aiutata, mi ha risollevato in un paio di periodi bui della mia vita, mi ha stabilizzato quando credevo, erroneamente, di essere in cima al mondo e ancora oggi mi insegna cose sempre nuove. Poi c’è la parte concreta, grazie alla Musica posso pagare le bollette, riempire il frigo e togliermi qualche vizio. Il che, per ora, è sufficiente.
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