Una bella apoteosi pop. Ecco cos’è stato, il concertone che il 22 luglio ’23 con mia moglie e mia figlia mi sono goduto grazie ad Harry Styles, ai suoi musicisti ed ai suoi tecnici all’Arena RCF di Reggio Emilia. Perché come chi legge davvero AllaDisco sa (e non chi giudica solo dal nome del sito, AllaDiscoteca), AD non parla mica solo di discoteche. Sai che bip a parlare solo di discoteche.
Cominciamo dalla fine del concertone di Harry Styles che è meglio.
Dopo aver concluso il concerto con un lungo brano strumentale e sperimentale stile “Satie” (di cui infatti aveva proposto una bella versione ‘remix’ di “Gymnopedie” anche come sottofondo pochi minuti prima di cominciare a suonare), dopo aver ammutolito 103.000 persone con un pezzo decisamente strano e aver parlato a lungo facendo sentiti ringraziamenti a tutti, dal pubblico ai suoi tecnici agli amici (sentiti veramente), Harry Styles ha scelto una canzone strana per accompagnare l’uscita del pubblico dall’immensa arena: “The End” dei Doors.
Sì, avete letto bene. Un’apoteosi pop che si conclude con The End dei Doors. C’è da essere matti a farlo. Ma matti con una certa cultura musicale ed una presenza scenica da attore navigato ben ripreso dalle telecamere. La stessa presenza scenica e la stessa cultura musicale che mr. Styles ha da sempre, visto che ad X Factor fu preso perché a 16 anni ci andò a cantare a cappella “Isn’t She Lovely” di Stevie Wonder, mica gli Wham o una hit del momento.
Styles, super popstar all’apice della sua carriera, dopo 13 anni di successi assoluti, per chiudere il suo concertone italiano ha scelto un pezzo in cui Jim Morrison canta “father I want to kill you, mother I want to f********* you”. Il pezzo più anti pop del mondo. E non sono molto pop manco i Wet Leg che si è preso come supporter: sono dannatamente divertenti, bravi e dannatamente rock. In effetti la cantante frontman in certi pezzi assomiglia, a modo suo, a Jim Morrison, proprio nel mondo di cantare. E non è un caso.
Come dire, ok, caro pubblico. Sono l’ex One Direction e vi suono pure un paio di pezzi della band. E sono una popstar, ma di quelle vere e attuali. Faccio un po’ come BIP mi pare. Vi faccio tutte le canzoni bene, molto pop, ma con una band statosferica, tra Sly Stone, Stevie Wonder e Chic, non proprio pop. Pop Styles.
Caro pubblico, ti ringrazio e sono sincero, ti ho ringraziato per lunghi minuti anche in un italiano comprensibile che ho imparato per te… ma io sono così: non mi accontento. Vado avanti. Sono figo. Se i Coldplay si accontentano, se i BTS sono di una efficaciae pop spaventosa, se l’ex di Harry Taylor Swift di solito resta legata all’immediatezza del country pop (niente rivoluzioni!), Harry va oltre. E diverte.
Certo, non è un santo. Guadagna una follia. Le felpe ufficiali (non presenti, che bello, quelle non ufficiali!) costavano 80 euro e le fan a comprarle hanno fatto file interminabili. Il pubblico era almeno all’80% femminile, con tante famiglie (papà e/o mamma con figlie e amiche) e tante ragazze arrivate da tutta Europa o dagli USA.
Che bello se il mondo fosse un concerto di Harry Styles. Saremmo tutti abbastanza buoni, piuttosto ricchi (i biglietti costano cari). Ma non certo scemi. L’autore di questa apoteosi pop non è un Jovanotti – Chris Martin qualunque, uno sempre ottimista.
Sta vivendo un periodo felice e da popstar molto intelligente (un caso davvero raro e piacevole) ringrazia i fan anzi le fan dal profondo del suo cuore. Ma non è di quelli noiosi sempre felice. A volte qualche problemino ce l’ha.
Tutto perfetto a Reggio quindi? Quasi. Visual semplicemente splendidi, decisamente pop ma belli e ben visibili dappertutto… la tecnologia oggi fa miracoli. Solo a volte gli arrangiamenti di Styles sono sembrati un po’ troppo elaborati.
Il principe (del pop, non lo sfigato fratello Spare e figlio di Re Carlo d’Inghilterra) ha infatti scelto di cercare di riproporre live il suo sound sofisticato, quello dell’ultimo disco “Harry’s House”, ma siccome non è possibile, a volte (non sempre) si è sentito un mix di strumenti un po’ ovattato. E sopra la sua voce, sempre perfetta. Non per colpa dei musicisti: la sezione ritmica, batteria e basso, bastava da sola con la chitarra di Harry (che suona pure bene, ormai) a riempire tutto, vista l’intensità del tutto: metterci insieme altre 3 chitarre (di cui una o due distorte come nel ‘rock’, non stile Chic, per capirsi), i fiati e i suoni sempre un po’ distorti delle tastiere era, a volte, troppo.
Si è sentito invece benissimo l’ultimo pezzo che Harry ha suonato a modo suo (senza usare il mignolo della mano destra, davvero strano ma efficace!) al piano insieme a parte della sua band… guarda caso suonava un piano verticale acustico, dal suono non distorto.
Ma sono dettagli: il concerto, quasi 2 ore, è volato via in un attimo. Non è un dettaglio invece il fatto che l’uscita da Campo Volo non è stata affatto agevole, perché camminando tutti intruppati in un’unica direzione (in uno stadio si va in 4 direzioni e si esce da tanti spazi diversi), in migliaia e migliaia di persone non si vive un’esperienza piacevole.
Noi alloggiavamo a Parma e non essendoci treni speciali regionali dedicati all’evento, per lasciare a Parma l’auto avremmo dovuto spendere 70 euro a testa per il tragitto di 15 minuti Reggio – Parma…
per un treno privato. Abbiamo ovviamente preso l’auto posteggiando senza problemi in zona stazione (3.5 km dalla RCF Arena). Tutto tranquillo e bene organizzato, tranne l’uscita e la mancanza di trasporti dedicati su rotaia (che fanno sì che non ci si incolonni come pirla in auto).
(Lorenzo Tiezzi x AllaDisco)