Impara a stare al mondo, montato!
Come sempre Riccardo Sada non le manda a dire e “spara” sull’abitudine di molti nel settore musica e show biz di rifarsela con gli altri (discografici, comunicatori, manager). Soprattutto da parte degli artisti. Leggere, come sempre è un piacere assoluto. L’analisi è sobria, ma definitiva.
Quali sono le logiche di un’etichetta discografica nei tempi attuali in generale, dalla più piccola alla multinazionale? Data l’immensa offerta favorita dai social e dalle piattaforme di streaming, che hanno facilitato la fruizione del prodotto discografico, la musica è ormai intesa quale contenuto sostanzialmente gratuito. Risibili sono infatti le revenues da ricavi da download fatti salvi mostri sacri di fama mondiale. I ricavi di un’etichetta sono da ricondursi ad attività collaterali più che al prodotto musicale, che costituisce sostanzialmente uno strumento atto a veicolare e consolidare un artista e la relativa fan base.
Proprio sulla fan base si possono poi costruire logiche di ricavi più interessanti, dagli eventi al merchandising fino ai più attuali NFT e fan token. Ogni distributore e ogni etichetta chiede all’artista il massimo supporto sia in termini lavorativi che dal punto di vista economico, questo per coprire i costi iniziali per un’attività che di fatto vedrà (forse) realizzati ricavi nel medio-lungo periodo. Tranne ovviamente i cosiddetti colpi di fortuna, che per quanto tali non possono essere considerati in un business plan, vanno fatte diverse considerazioni.
E quindi, Impara a stare al mondo, caro il mio artista. Parola di Riccardo Sada. Il ragionamento prosegue.
Quello della musica è un business molto complesso che viene svolto soprattutto con la spinta passionale per un settore affascinante ma molto, molto competitivo. Per questo motivo un’etichetta discografica pubblica brani sostenendo le spese strettamente correlate alla realizzazione e alla distribuzione del prodotto con una promo standard. La differenza, lo sappiamo, la fanno i social. Così, è l’artista che deve impegnarsi per massimizzare l’ingaggio per sé e per il proprio brano affinché possa contribuire a renderlo vivo e virale. Se il brano inizia a muoversi in modo autonomo, dimostrando peculiarità o perlomeno una certa unicità, l’etichetta è pronta allo step successivo, ovvero passando a ulteriori investimenti per azioni promozionali quali video e comunicazione, ed ulteriore promo, laddove si renda più strategica in accordo con il distributore.
Le case discografiche, strutture a differenza di etichette, che sono solo puro brand, svolgono il proprio ruolo puntualmente e a loro modo professionalmente scommettendo inizialmente sui progetti, investendo risorse e rilasciando singole tracce e attività dell’artista.
Se i singoli non rendono, non si è muovono, se neppur minimante non generano interesse, i numeri non si allineano all’ingaggio che l’arista ha supposto di avere. Nasce così una discrepanza tra valori, quello pensato dall’artista e raccontato alla casa discografica, e quello percepito, monitorato e registrato da quest’ultima. Per questo motivo le case discografiche smettono di investire tempo e denaro su artisti che millantano numeri e risultati da capogiro e promesse da marinaio, quindi sapendo di non poterle mantenere e falsando informazioni referenziali.
Ulteriori promo e investimenti non tornano utili se un artista in prima persona – che spesso è ricco di talento, vocazione, ma è ancora acerbo nelle dinamiche di mercato – non riesce a coinvolgere la propria fan base e i propri follower. Così, l’artista, soprattutto quello che viene da altri comparti, deve lavorare molto per migliorarsi e solo se appassionato del settore musicale, e ritiene di poter dire qualcosa a livello creativo, potrà cavalcare l’onda e crearsi da zero una carriera.
La motivazione deve essere soprattutto del protagonista. Se ne è privo, o peggio ancora la musica viene considerata da questo un passatempo, un hobby, un capriccio o una sfida, il processo di sviluppo non potrà funzionare.
La competizione nel settore è massima e ormai non c’è spazio all’improvvisazione. Il percorso è molto lungo e ricco di insidie, occorre avere pazienza e perseveranza per il raggiungimento di un lavoro costante e molto intenso. Così, manager e artisti, quindi dj o cantanti e loro rappresentanti, spesso puntano il dito contro il lavoro dei propri partner: verso la casa discografica ma anche il promoter o l’addetto stampa di turno e a libro paga, i primi a pagare la mala gestione di un progetto. Si tratta di un infinito scaricabarile che non ha senso e una grande perdita di tempo ed energie per tutti. La cosa più saggia è orientare le energie verso la giusta direzione.
Nessun artista di consolidata e internazionale fama andrebbe ad avviare collaborazioni e imbastire featuring con un main artist quando questo è privo di una storia e di un background musicale.
Le case discografiche possono anche essere di supporto a un lancio, come vere basi di missili, sono più o meno organizzate, ma l’artista deve dimostrare di essere maturo, ricco di personalità e di materiale da proporre a fan storici e potenziali. Un artista agli albori deve concentrarsi sui brani. Sono il suo messaggio. L’artista è una causa, la sua creazione è l’effetto.
(Riccardo Sada x Sada Says x AllaDisco)