I veri talent scout sono i tamarri inside… Sada Says by Riccardo Sada questa settimana inizia così, ovvero molto bene.
La forza di un brano pop non è schiava dal feedback percepito dagli addetti ai lavori: è semplicemente infusa da una reazione composta, sincera e organica, diretta del grande pubblico che emette un (in)condizionato verdetto.
Non si può dire che solo A&R eletti o talent scout provetti possano scoprire o celebrare qualcosa prima di tutti. Trovano qualcosa prima, ma sbagliando, perché su questa cosa ci ricamano ed enfatizzano artificialmente, pensando sbarazzarsi di intermediari e di concorrenza e prevedendo quello che succederà in futuro.
Ovviamente, sappiamo benissimo che nessuno ha la palla di vetro per guardare dentro il domani della musica. Bisogna sempre sperare di essere profondamente dei gloriosi tamarri dentro, invece, perché il tamarro vero, quello che sfoglia la Gazzetta dello Sport fugacemente al bar e si agita col Fantacalcio, è lo stesso che canta e ricanta a squarciagola in curva e non, da tempi non sospetti, il tormentone in estate con il gomito fuori dal finestrino.
Ma come funziona, per Sada Days, il tamarro inside?
Il tamarro vero è manipolato a lungo raggio ma ha un cervello molto Idiocracy che riconosce subito le potenzialità di una hit. È nello stesso tempo, la sua testa, virile e virale, che si tratti di uomo o donna, non importa. Il tamarro vero ama le hit ed è riconoscibile perché si veste e si maschera in pochi modi. Si palesa in tuta ginnica nel parchetto e se può guida una vettura truccata per sentirsi in Fast & Furious Serie. In fondo, il tamarro vero ha un cuore differente dal tamarro di plastica. Il tamarro vero, reale istintivo e coriaceo A&R, è un maranza, come diceva Jovanotti tanto tempo fa. Ora, quale definizione migliore per profilare un essere umano che ha nel DNA qualcosa che va ben oltre Gigi D’Agostino, ben oltre gli Eiffel65 e ben oltre PSY (quello di “Gagnam Style”).
Il problema della discografia odierna è che non può avere tra le proprie file un personaggio trasparente, vero, tamarro reale regale, perché la maggior parte dei discografici appartiene a una congrega fighetta, una casta che frequenta posti esclusivi, va a braccetto con gente pettinata e patinata ed entra ed esce da locali che passano musica fintamente di pregio e selezionata con cura per palati altolocati. Ci sono delle eccezioni come i Ferragnez, Fedez, lui, eterno Peter Pan di periferia e lei, Chiara, della Cremona bene. Ma sono realtà che si contano sulle dita di una mano. Sempre composta, invece, la cricca neofita o oligarchica del music business, seppur la periferia la rifiuti prendendone le distanze. Probabilmente la cosa più maranza che esista oggi è la trap, magari caratterizzata da connotati che ancora non piacciono a tutto il mainstream. Ma resta la trap. Che conta su elementi vincenti e glocali, un po’ locali e un po’ locali, e risulta completamente sovversiva, rivoluzionaria e vestita di fast fashion accessibile a chiunque. E questa cosa, dispiace dirlo, mi duole al cuore. Alla fine mi ferisce. Perché la trap mi fa veramente cagare.
Ma chi è che le indovina queste benedette hit?
La fortuna della hit e di chi la indovina è un concetto che può essere interpretato in diversi modi. Alcune persone credono che la fortuna sia una forza esterna che agisce sulla propria vita, mentre altre credono che la fortuna sia il risultato della prassi e delle azioni. Molti addetti ai lavori del comparto musicale immaginano la fortuna come una combinazione di entrambi i fattori: culo e bravura.
In ogni caso, non c’è una risposta universale. La fortuna se cerchi i successi esiste e non esiste. Esiste la possibilità di fare un successo discografico. Solo che molti ignorano l’esistenza di molti fattori che contribuiscono all’ascesa di un artista: la qualità della musica, la centralità della promozione, l’irruenza delle azioni di marketing, la rete di contatti. E la fortuna. Lo spazio è popolato da gente altamente competitiva. Ci sono molte persone che lottano per raggiungere il successo. Il duro lavoro intanto paga: dedizione e perseveranza per avere successo in questo campo sono fondamentali.
E chi che trova queste benedette hit? E che c’entrano i tamarri inside?
Ci sono diversi passi che potremmo tutti seguire per fare una hit mondiale, solo che non li seguiamo tutti, ne bypassiamo alcuni e ne ignoriamo altri. Invece, solo in una sorta di alchimia e di integrità, di giochi di incastri, si può trionfare come dei re David (Guetta). Creare una musica di qualità non è sottinteso. Bisogna essere dei detective del groove. Bisogna essere degli investigatori del suono. Pertanto, i veri talent scout sono quelli “tamarri inside”, i puristi della viralità facile. A cui frega nulla che le hit nascano creando musica originale, ben prodotta e che si adatti a un preciso pubblico. Disinteressati anche del networking con artisti colleghi, che poi fa il resto ma non tutto, i tamarri hanno una marcia in più, un passo diverso.
I social media possono essere un’ottima cassa di risonanza ma loro sono già altrove, inclassificabili, imprendibili, impossibili da mettere in riga o da coinvolgere nel business. La loro sincerità è potente e innata, lontana dalle scrivanie e dalle sale riunioni. Così, il successo musicale non può essere previsto con certezza dagli incravattati che forzano le porte. In ballo ci sono troppi fattori che contribuiscono all’encomio finale. Attraverso il duro lavoro e la perseveranza restano comunque il fattore principale della grande riuscita di una iniziativa, anche nella musica dance elettronica. Se cercate una hit, siate voi stessi.
Riccardo Sada X AllaDiscoteca