In questa foto vedete Frankie Knuckles, morto il 31 marzo 2014 e David Morales, mito del clubbing che se non sbaglio passa molto tempo in Italia ed è stato spesso in tv in qualche reality legato ai dj (oggi per fortuna dimenticato, il contest, mica Morales).
Prima di loro e pochissimi altri, i dj, semplicemente non c’erano. Per questo, per fortuna, sono e saranno sempre un mito. Non c’è mai stato, purtroppo, per i dj una roba simile al punk. Non si è mai arrivati a costruire tantissimo per poi distruggere e ricominciare, magari dal revival.
Ricordo benissimo nel 1991 un pezzo molto divertente, “James Brown Is Dead” degli olandesi L.A. Style. Ma è stata solo una canzoncina. La disco e il funk sono sempre stati oggetto di clonazione da parte dei dj. Purtroppo spesso banale.
E’ come nel pop rock gente come Morales e Knuckles fossero Elvis o Chuck Berry, anzi tutti e due. Un po’ invecchiati, male, un po’ imbolsiti. Mica loro, ovviamente. Loro hanno fatto tutto. Parlo della loro lezione, di ciò che i giovani ‘colleghi’ (le virgolette sono d’obbligo) hanno imparato da loro.
E’ possibile che da maestri così simpatici e sofisticati abbiamo tutti quanti imparato così poco?
Dove è che abbiamo sbagliato? Perché abbiamo sbagliato più o meno tutto. Dirselo è necessario.
E poi c’è una certa differenza. Perché Chuck Berry ha inventato tutto e Elvis gliel’ha rubato, per sexy, bello, bianco e buono… ma come si fa a dire che Elvis non ha fatto tutto quel che doveva fare?
I dj, invece, restano congelati nel mezzo, in un ‘underground’ che non è mai stato tale, perché i locali vuoti e d’avanguardia non sono mai piaciuti a nessuno… e le stelle del pop e della fama, che in fondo non raggiungono mai, se non per pochi istanti (Avicii), oppure continuando ad autocelebrare il proprio mito e non la musica (David Guetta, Tiesto, la mini popstar Garrix).
Come figure, i dj ‘padri fondatori‘ sono celebrati da tutti gli addetti ai lavori, anche dai ‘colleghi’ che ogni notte per decenni li hanno ‘traditi’ con orrendi mash up e musica, semplicemente, brutta. La house non è mai stata una musica ‘pura’, ma senz’altro negli anni ’80 era diversa dal pop, più sperimentale. Negli ultimi vent’anni, invece, i dj hanno provato senza riuscirci a diventare popstar… riuscendo a partorire soprattutto splendidi non dj come i Daft Punk, a loro volta papà di The Weekend e della splendida popstar più piccola che ci sia, Dua Lipa. Sono usciti di scena? Un po’ si. E forse è meglio così.
Forse il momento più alto dei dj popstar è stata la performance di Tiesto nel 2004 alla Cerimonia di apertura delle Olimpiadi. Da allora, e parliamo di quasi vent’anni, è arrivato il fenomeno globale di ciò che in Italia chiamiamo EDM, ed è già finito. E gente come Martin Garrix ha provato, senza riuscirci, a riempire gli stadi del mondo… perché ci vuol ben altro che uno che mixa per far muovere decine o centinaia di migliaia di persone. Ci vuole la festa e allora diventa Tomorrowland o EDC o Time Warp, ma è tutta un’altra cosa… I dj lì sono tanti e fanno il loro sporco lavoro: fanno ballare. Mettono la musica.
In un super festival e in un party, il dj da “inutile” solista, diventa il catalizzatore / filtro dell’energia collettiva e per qualche attimo (se va bene ore), davvero celebra il mito dei padri fondatori Knuckles / Morales, godendo in console come un pazzo. E’ un concetto, quello della circolarità del divertimento, che non è certo mio. Me lo spiegava sempre un certo Claudio Coccoluto, oggi celebratissimo e fino ad oggi troppo spesso dimenticato… e senz’altro molto diverso dal canonico “top dj” italiano, europeo, mondiale.
Anche Claudio aveva i suoi difetti, certo, ma era molto simile ai super dj che vedete in foto, a modo suo. Il mondo dei dj e del clubbing è, invece, si prende troppo sul serio. Claudio invece lavorò per anni alla distruzione del proprio mito.
Claudio si sentiva, a ragione, una vestale della musica, in un mondo in cui forse l’1% sa cosa fossero le vestali. Invece i dj, i top dj, i manager e i magnager (più numerosi dei primi), si prendono dannatamente sul serio… Ovviamente per vendersi meglio. Per fortuna falliscono.
I dj, la loro magia, la trovano, forse, quando sono leggeri come comici o ballerini che si ritrovano per strada e ti fanno fermare mentre passi perché sono perfetti. Ma non sono Roberto Bolle.
La figura del dj oggi dovrebbe, forse, essere dannatamente simile (attenti all’avverbio: dannatamente) a quella di gente come Damien Hirst, quello del teschio con i diamanti, che non fa niente che non sia essere artista… e non far finta di fare qualcosa di ‘molto complicato’…
Anche perché, oggi, senza vinili e con il computer, produrre musica elettronica da ballo (perché quello che fanno i dj, mica sinfonie) o mixare, è robetta. Ci vogliono due settimane ad imparare a farlo in modo decente e “professionale” (cosa che, come tutti sappiamo, non basta e non serve). Per essere un “vero dj” non basta una vita, bisogna saper far divertire e ballare la gente.
Per questo i dj dovrebbero avere un solo obiettivo, quotidiano. In console e in studio dovrebbe puntare dritti all’indecenza, alla follia, al divertimento. E non alla serietà. Perché la serietà, quella del pop, di Michelangelo e Bach è dannatamente pesante. Se vogliono la serietà, facciano gli idraulici, che tra l’altro guadagnano molto meglio.
I dj li sogno leggeri e divertenti come Cattelan. Ma è un sogno solitario. I dj che conosco, centinaia, conoscono solo il Cattelan sbagliato, il presentatore tv di X Factor.
Quello giusto si chiama Maurizio ed è quello del dito medio di fronte alla Borsa di Milano. Oggi il buon Maurizio, che organizza tra l’altro feste da paura sponsorizzate Dom Perignon (mica scemo) se non sbaglio si è pure inventato una Sgrappa simile alla cotanta opera milanese… perché è anche molto artigiano, ama il cash, come tutti i dj del resto.
E quindi? Quindi, con buona pace del mito dei dj e dei padri fondatori & putativi in foto, di Morales, di Knuckles, dei management e degli staff, dedico il ditino di Cattelan a tutti i dj che si prendono seriamente. Quasi tutti.
Buon Natale da AllaDiscoteca
(Lorenzo Tiezzi)
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