“How Gee” dei Milk Bar & Francesco Santarini è prima di ogni cosa una produzione ‘suonata’. Sull’inconfondibile giro di sax ci torna il bravo Antonio Contino e ci mette del suo. C’è Dollarman, inconfondibile voce rap di una super hit di Bob Sinclar. Ci sono gli anni ’90, ovunque presenti al limite dell’immaginario, è vero, ma qui un po’ meno scontati dei soliti rifacimenti in stile Spinnin’. Ovviamente è la cover di un classicone dei Black Machine di Pippo Landro ed è più veloce della versione originale, che ha quasi 30 anni ed è ormai un sempreverde. Proprio dall’intramontabile Pippo, i Milk Bar sembrano aver tratto l’insegnamento numero 1, per niente scontato: un po’ di furbizia nel personalizzare elementi e suoni, magari anche di altri (il sax di ‘How Gee’ è preso da un disco del ’73: Maceo & The Macks – “Soul Power 74”). Il segreto è renderli seducenti, mai noiosi. Infatti il pezzo spinge. Un po’ come Manhattan, successo ‘club’ primaverile.
Il follow-up vede all’attivo la formazione di sempre, dunque Silvio Carrano & Marcello Lepore aka Marcel, con i citati Santarini e Contino. Total Freedom Recordings, dello stesso Carrano, è l’etichetta che lo pubblica. Al telefono c’è Marcel. Si parla del mercato odierno. E di una house diventata da ‘inclusiva’ ad ‘esclusiva’. Uno step repentino, forse esagerato. “Soprattutto un certo tipo di house, ormai va bene solo per la ‘bella gente’. Si è posta una ‘selezione all’ingresso, come per certi locali”, ride Marcel. “Anche nel mondo della musica, dietro le quinte, il meccanismo è il medesimo. Con tanti ‘circolini’ a cui appartengono artisti e promoter vari, pronti a guardare in maniera snob chi prova a fare cose diverse”.
Se il digital store Beatport pare più vario e democratico, e finalmente più ‘pulito’ dopo anni di dominio da parte di certe etichette emblema dell’ondata EDM, altrove le cose sono diverse: “Esistono portali per pochi eletti, che se la cantano e se la suonano da soli. Non danno spazio a nessuno, se non a chi dicono loro. Hanno reso ‘certa’ house elitaria. Quando, invece, la musica da club fu concepita come fenomeno d’aggregazione. Il Paradise Garage era quella roba lì. Gay e afroamericani potevano sentirsi liberi di ballare ed ascoltare un certo tipo di musica. E’ tra quelle mura che la house, per come poi l’abbiamo vissuta noi, ha messo le sue radici, ed è arrivata a tutti”, continua Marcel.
In Italia che aria tira? “La situazione è troppo guardinga. Da noi, Manatthan hanno cominciato a supportarla quando era al numero 1 su Beatport ormai da settimane. Il promo glielo avevamo mandato mesi prima, ma non l’avevano nemmeno ascoltato. Gli italiani restano in attesa che qualcosa di importante accada, per poterla cavalcare”, ragiona il dj producer.
Un po’ di numeri: Manhattan è stata ascoltata su Spotify oltre 2 milioni di volte. Al numero 1, su Beatport, ci è rimasta ben 40 giorni, nella sezione dei singoli house più venduti, ed è entrata in Top 5 nella classifica generale. E’ piaciuta a tanti top dj internazionali: da David Guetta ad Axwell, da Fatboy Slim a Lost Frequencies a Stonebridge, dagli Showtek a Robbie Rivera, fino ai bravissimi Wh0, che l’hanno remixata pure. Tra i supporter italiani più convinti c’è Albertino, che, nel redivivo Dance Revolution su m2o, ha suonato in apertura anche il singolo nuovo.
Nonostante numeri così impetuosi, le sirene del mainstream restano per fortuna distanti. “Creare un successo house al tavolino credo sia impossibile. Il mainstream uccide quell’intimità che nella nicchia senti tua. Se parti da quel concetto, la voglia di creare e di sperimentare muore”, conclude.
Leonardo Filomeno x Alladiscoteca – 14/07/2020